Parliamo ancora di respiro: la famiglia dell’ujjayi

Consapevolezza del respiro nello yoga, Tecniche di respirazione yoga, Respiro ujjayi, Pranayama, Benefici della respirazione cosciente

I parametri che caratterizzano la pratica yoga sono numerosi, ma la consapevolezza del respiro è fondamentale. Essa consiste in un attenzione speciale rivolta al processo respiratorio e in particolare alle aree da esso interessate, cioè il torace nella fase inspiratoria e l’addome in quella espiratoria.

Questa era la visione di Krishnamacharya, che commentando l’aforisma 49 del secondo capitolo degli yoga sutra di Patanjali, attribuiva al termine svasa-prasvasa, il significato di respiro difficile, superficiale, irregolare caotico, superando il quale si realizza il pranayama.

Quando si interrompe quello che per la maggior parte di noi è il modo ordinario, irregolare e caotico di respirare, detto appunto svasa-prasvasa, la respirazione smette di essere automatica e incosciente e diventa finalmente cosciente.

Inoltre la respirazione che in condizioni ordinarie è la conseguenza di un attività fisica e mentale (ad esempio se corro e sono ansioso il respiro aumenta la frequenza), nello yoga è direttamente causa di un nuovo vissuto mentale (la conspevolezza del respiro piò rallentare la frequenza e indurre calma psicofisica).

Oltre a sostenere la concentrazione, la respirazione cosciente, durante una sequenza di asana, induce un altro aspetto importante : il rallentamento del ritmo respiratorio che si riduce da circa quindici respiri al minuto fino a quattro, a volte anche meno, in funzione della posizione del corpo e dell’esercizio in cui si è impegnati.

Si potrebbero menzionare anche altri effetti indotti dalla respirazione cosciente, ma quanto detto fino ad ora è ampiamente sufficiente a giustificare l’attenzione che l’insegnante di yoga dovrebbe dedicare sin dai primi incontri alla coltivazione del respiro negli allievi.

Un espediente raccomandato che può  essere utilizzato per indurre la presenza mentale sul respiro. è l’ introduzione del respiro ujjayi durante l’esecuzione degli asana, che svolge diverse funzioni:

1) preparare il praticante sul piano psicofisico in vista della pratica finale del pranayama

2) rendere il respiro regolare e ritmato

3) allungare gradualmente il respiro.

La tecnica basilare di ujjayi a due narici che accompagna e guida la pratica di tutti gli asana di una sequenza può, con il passare delle settimane, intensificarsi fino ad essere eseguita nell’asana per eccellenza, la posizione seduta, durante la fase finale della pratica, in cui l’insegnante lascerà che gli allievi facciano ulteriori scoperte riguardo il proprio respiro, notando, ad esempio, la prevalenza di una fase rispetto all’altra.

A quel punto si dovrebbe iniziare a provare a pareggiare gradualmente la durata dell’inspirazione e dell’espirazione. La tecnica dell’ujjayi con due narici facilita la regolazione e l’allungamento del respiro fino ad un certo punto e può evolversi verso una serie progressiva di tre tecniche della stessa famiglia ben più efficaci: anuloma ujjayi, viloma ujjayi e pratiloma ujjayi.

Queste vengono eseguite alternando al respiro ujjayi con due narici il respiro a narici alternate. Queste tecniche prevedono di frenare l’aria in uscita (anuloma ujjayi) o in entrata (viloma ujjayi, allungandone in modo calibrato rispettivamente l’emissione o l’immissione.

Nel pratiloma ujjayi l’aria, quando frenata, lo sarà sia in uscita che in entrata con un effetto finale equilibrato, a differenza delle altre due tecniche che tendono a privilegiare l’una o l’altra fase respiratoria.

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